La passione per il mondo antico

e il confronto con i grandi della storia

Il Tempio Malatestiano di Rimini sorge nel luogo di un’antica chiesa francescana ad aula unica, cioè priva di transetto.

L’interno dell’edificio venne ristrutturato a partire dal 1447 sotto la direzione dell’architetto Matteo de’ Pasti e dello scultore fiorentino Agostino di Duccio per volontà di Sigismondo Malatesta, signore di Rimini, che volle trasformare la basilica nel suo mausoleo privato.

All’interno del Tempio, nella cappella di San Sigismondo, troviamo in effetti il celebre affresco di Piero della Francesca raffigurante Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a san Sigismondo, re dei Burgundi e suo protettore (1451).

Le fattezze del santo e la particolare berretta (sopra la quale si trova l’aureola scorciata in prospettiva), ricordano quelle di Sigismondo di Lussemburgo, l’imperatore che nel 1433 investì il Malatesta del titolo di cavaliere e ne legittimò la successione dinastica, giustificandone la presa di potere su Rimini.

Ma ciò su cui più vogliamo concentrare la nostra attenzione è l’architettura esterna dove ritroviamo la mano di Leon Battista Alberti.

Alberti ideò un rivestimento lapideo di nuovissima concezione e assolutamente indipendente dall’edificio, come andava configurandosi nella sua parte interna (i lavori sono avviati nei primi anni ’50 del Quattrocento).

La facciata è formata da due ordini nettamente divisi: il primo, su un alto zoccolo, è diviso da semicolonne che inquadrano tre archi, in origine progettati tutti ugualmente profondi ed ispirati ad architetture imperiali romane, in particolar modo all’arco riminese d’Augusto.

L’ordine superiore è incompiuto, ma una medaglia coniata da Matteo de’ Pasti ce ne dà un’idea precisa: la facciata doveva concludersi con un grande arco a pieno centro contenente una trifora, affiancato da alzate triangolari ornate superiormente da due volute, che lo raccordavano all’ordine inferiore. Inoltre sul lungo fregio della facciata corre la seguente iscrizione latina: “SIGISMVNDVS PANDVLFVS MALATESTA PANDVLFI FECIT ANNO GRATIAE MCCCCL”.

Il richiamo al passato è molto forte: basti osservare la facciata per accorgersi che gli elementi in comune con l’architettura romana sono innumerevoli e questo è frutto della forte spinta che il rinascimento aveva dato nel riconsiderare e studiare il patrimonio antico. Non risulta che l’Alberti abbia mai visitato il cantiere in cui si stava realizzando, seppur con difficoltà, il suo progetto, forse il suo primo lavoro impegnativo. L’edificio riminese sembra in effetti la verifica, la sperimentazione pratica delle teorie formulate, o ancora in via di formulazione nel trattato “De Re Aedificatoria”: sia per quanto riguarda la concezione generale dell’edificio e del suo aspetto esterno sia per quanto riguarda l’assetto decorativo interno: per esempio nella preferenza accordata ai rivestimenti marmorei e nell’esclusione di cicli di affreschi, inizialmente previsti, e dei quali era già stato probabilmente incaricato Piero della Francesca.

Tale scelta venne presa per discostarsi dalla tradizione del tardo-gotico e abbracciare una nuova via costruttiva e decorativa.

Il Tempio non fu mai completato a causa della morte prematura del suo signore. Può essere definito un sogno, un sogno interrotto: di Sigismondo, che voleva farne un edificio stupendo dedicato “a Dio immortale e alla città” e così dare fama e gloria a sé e alla sua famiglia e dell’Alberti, che voleva farne un monumento ad esaltazione della nobiltà intellettuale dell’uomo e dell’Umanesimo. In un certo senso il Tempio Malatestiano, per le sue incoerenze formali e per il suo raffinato intellettualismo, oltre che per la sua stessa incompiutezza, “materializza” la crisi della civiltà umanistica, i suoi interni dissidi, la sua incapacità di uscire dal mondo chiuso delle corti.

Accademia Istropolitana

L’Università Istropolitana, conosciuta erroneamente come Accademia Istropolitana, è la terza università del Regno di Ungheria e la prima nata nel territorio dell’attuale Slovacchia. La parola “Istropolitana” deriva dall’antico nome greco di Bratislava, Istropolis, che significa “Città del Danubio”. Venne fondata nel 1465 da Papa Paolo II (pontificato 1464-1471) su richiesta del re ungherese Mattia Corvino (in carica 1458-1490).

Nonostante la sua breve esistenza (1465–1491), essa occupa un posto di rilievo nella storiografia slovacca.

Tra le mura di questa università agli studenti, figli di nobili, borghesi e grandi commercianti, venne offerto in un primo momento l’insegnamento di teologia e, successivamente, gli indirizzi di studio di medicina e arte.

Questa vivace realtà ospitò docenti provenienti dall’Austria e dall’Italia e si pose come uno dei più esemplari centri per la diffusione del moderno pensiero umanistico.

Tra le personalità di maggiore spicco ricordiamo Johannes Müller da Königsberg (1436-1476), conosciuto anche con lo pseudonimo di Regiomontano, matematico, astronomo e astrologo tedesco, autore del De Triangulis omnimodis (uno dei primi trattati di trigonometria completato nel 1464 ma stampato nel 1533) e dell’Epytoma in Almagesti Ptolemei (edizione critica dell’Almagesto di Tolomeo, stampata nel 1496).

Egli fu al servizio di Mattia Corvino dal 1467 e insegnò qui, alla facoltà di lettere, per circa quattro anni.

L’università Istropolitana cessò di esistere intorno al 1490 dopo la morte di Mattia Corvino per poi risorgere come “Università Istropolitana Nova” che attualmente si trova in una nuova sede di Bratislava.

Oggi, il vecchio edificio dell’Università forma i giovani studenti teatranti dell’Accademia delle arti dello spettacolo, per questo motivo viene tuttora erroneamente chiamata Accademia.

La vecchia istituzione è ancora oggi conosciuta come uno dei sette monumenti più importanti e affascinanti di Bratislava al punto da essere stata utilizzata come monumento simbolo della Slovacchia nelle monete.