Arte del Rinascimento tra Italia e Slovacchia

a cura di Dorian Cara

Sintetica analisi dei rapporti tra storia e arte di due mondi europei solo apparentemente lontani

Per poter comprendere le origini del Rinascimento slovacco e il legame creatosi nel tempo con quello italiano, bisogna necessariamente fare una premessa storica focalizzata sulla storia dell’Ungheria, a cui la storia slovacca, anche se parzialmente, è legata.

Il più incisivo artefice dello sviluppo culturale in senso umanistico e rinascimentale della Slovacchia, sebbene fosse a quel tempo provincia periferica del Regno dUngheria, fu Mattia Corvino, sovrano illuminato, eletto nel 1458, che fondò diversi luoghi di cultura nelle città del suo regno e intrattenne stretti rapporti con le corti milanese, fiorentina, napoletana e papale, importando si consenta il termine – il Rinascimento italiano nelle proprie terre.

Mattia Corvino ha attinto moltissimo dalla cultura italiana e importandola nel suo regno, ha implementato e sviluppato arti e bellezza, generando un nuovo quanto più ricco orizzonte culturale. Ed è per questo che bisogna sottolineare anche i rapporti già esistenti tra le due terre, con una specifica attenzione ai corrispettivi benefici.

Già alla fine del XIV secolo sono documentati importanti rapporti tra Milano e lUngheria, come la presenza, nel 1391, dello scultore Lasse d’Ungheria e della sua bottega, composta da circa cento scalpellini, presso la Fabbrica del Duomo di Milano, per la realizzazione dei mascheroni dei mensoloni che decorano alcune sculture tardogotiche ritrovate nel 1974 durante gli scavi del Palazzo Reale di Buda.

Il XV secolo fu certamente il secolo più interessante per i più stretti contatti che caratterizzarono le due culture, la politica e le dinastie italiane ed ungherese.

Il fulcro di tutto, come già accennato, fu Mattia Corvino che, preoccupato per l’intesa tra l’imperatore Federico III e il principe di Borgogna Carlo il Temerario, strinse nel 1473 un’alleanza con Milano, città che adottò un orientamento francofilo contro gli Asburgo.

A questo si aggiunga il riconoscimento da parte della casata lombarda degli Sforza del figlio illegittimo di Mattia, Janos Corvino, e la proposta di matrimonio tra lo stesso Janos e Bianca Maria Sforza, figlia di Galeazzo Maria e Bona di Savoia.

Con la morte di Mattia, il 6 aprile 1490, e l’infruttuosa elezione di Janos Corvinus a re d’Ungheria, il matrimonio fallì e nel 1494 Bianca Maria Sforza sposo l’imperatore Massimiliano II, nemico di Mattia e Janos, segnando così una svolta decisiva nei rapporti tra le due nazioni.

Al di là delle questioni dinastiche cosa ci rimane dei rapporti tra Mattia Corvino e il Rinascimento italiano?

Innanzitutto, le miniature dei codici prodotti presso la corte reale di Buda che testimoniano i legami tra l’arte lombarda e quella ungherese dell’ultimo quarto del Quattrocento.

Nellambito dellarchitettura, diversi sono stati i contributi delle abili maestranze lombarde, costituite da architetti, ingegneri, sovrintendenti, capomastri e muratori, che nei cantieri militari ungheresi e slovacchi tra XV e XVI secolo ebbero un ruolo importante.

Grazie al confronto di studi diversi sulle condizioni politiche, le esigenze della difesa e le personalità dei tecnici militari, la storiografia ha evidenziato da un lato il primato degli italiani, e dei lombardi in particolare, nell’architettura militare e dall’altro lattività della politica militare degli Asburgo d’Austria relativamente alla problematica delle frontiere, che potevano essere difese solo da un costoso sistema di roccaforti da costruire, mantenere e presidiare.

Sia in Slovacchia che in Ungheria vennero erette, su modelli lombardi, diverse fortificazioni dalla meta del XIV secolo, quasi tutte successivamente ristrutturate sotto il dominio di Mattia Corvino.

I prototipi dispirazione, sempre a pianta quadrangolare con torri angolari, furono vari castelli lombardi. In Slovacchia si considerino soprattutto i castelli di Zvolen, costruito come propria residenza nel 1390 dal re Luigi I d’Angio, Vigľaš, Banska Bystrica, Bojnice, Krasna Horka fortificato nel 1546 su progetto dell’architetto Alessandro da Vedano.

Un argomento a sé è costituito dal castello di Bratislava, eretto verso il X secolo su un preesistente castro romano, divenne sede della nuova capitale, trasferita da Buda verso il 1420, durante gli ultimi anni di governo dell’imperatore Sigismondo, grazie alla sua posizione dominante, inespugnabile e centrale per il suo nuovo impero.

Tra 1431 e 1434 avvenne la prima trasformazione in stile gotico tedesco, come testimoniano lunica finestra a bifora tamponata e la nota Porta di Sigismondo, detta anche Porta Corvino, quindi dopo la morte di Sigismondo nel 1437, gli scontri scoppiati tra i nobili locali e la popolazione, inevitabilmente, fermarono i lavori fino al restauro avvenuto tra gli anni 1452 e 1463.

Dal 1531, dopo che gli Ottomani conquistarono il territorio dell’attuale Ungheria, Bratislava divenne la capitale e sede della dieta e di tutte le autorità principali, nonché luogo d’incoronazione di ciò che rimase del regno ungherese e denominato Regno d’Ungheria, governato dall’austriaca Casa d’Asburgo.

Dopo un lungo periodo di dimenticanza, finalmente il Castello di Bratislava ritornò ad essere il centro politico fondamentale e la sede ufficiale della nuova casata reale, anche se continuò a risiedere di fatto a Vienna.

E di questo periodo la chiamata di architetti italiani per le costruzioni militari dall’Hofkriegsrat (Consiglio di Guerra) viennese e di altre fortificazioni ed edifici in tutto l’Impero.

La storia del Rinascimento slovacco, indissolubilmente legata alla medesima storia ungherese, superando i confini geografici che sono variati nei secoli, è lampante conferma che la cultura supera qualsiasi barriera orografica, politica o di lingua.

Tra tutti gli scambi culturali che hanno caratterizzato i rapporti tra Italia ed Ungheria, certamente, cè larte pittorica ad affresco e quella che esprime i più alti risultati, grazie anche ad un personaggio di estrema cultura che portò il Rinascimento italiano direttamente in Ungheria: il cardinale Branda Castiglioni (1350-1443).

Nel 1403 papa Bonifacio IX gli affidò una missione come nunzio apostolico inviandole in Ungheria ed in Transilvania e fu in questa occasione che instauro una profonda amicizia con il re d’Ungheria, ed Imperatore, Sigismondo di Lussemburgo.

La nomina a cardinale, il 6 giugno 1411 da parte dell’antipapa Giovanni XXIII, rafforzò ulteriormente la sua posizione presso Sigismondo in Ungheria, dove dallo stesso anno divenne conte di Veszprem.

Il 25 aprile del 1425 Branda Castiglioni conobbe Masolino da Panicale, in quei giorni impegnato a Firenze con Masaccio negli affreschi della Cappella Brancacci della chiesa del Carmine a Firenze e, nel settembre dello stesso anno Masolino, parti per la terra d’Ungheria, chiamato dal cardinale Branda Castiglioni, che più tardi divenne il suo mecenate, importando di fatto la pittura Rinascimentale italiana in quelle terre.

Lintroduzione di Masolino alla corte ungherese dipese dal condottiero Filippo Buondelmonti Scolari, detto Pippo Spano, arrivato in Ungheria all’età di tredici anni al seguito di un mercante fiorentino.

La convocazione di Masolino fu per fargli dipingere la sua cappella a Szekesfehervar, terminata poi da Filippino Lippi. Allo Scolari si devono i fondi per la costruzione, a Firenze, della Rotonda di Santa Maria degli Angeli, e il finanziamento di numerose opere di pubblica utilita nei borghi da lui amministrati, come il castello di Ozora e l’ospedale si Santa Elisabetta a Lipova.

Masolino, che tornò in Italia nel 1427 dopo la morte del suo protettore, ricevette gli ultimi pagamenti dagli eredi, anche se purtroppo delle sue opere in Ungheria non resta purtroppo più nulla, se non la conoscenza.

Tuttavia, molti dipinti, soprattutto gli affreschi dei primi decenni del Quattrocento sopravvissuti in alcune chiese dei villaggi ungheresi, testimoniano ancora oggi il contatto con artisti italiani.

E sulla traccia dei forti legami tra Italia e Ungheria non si possono non ricordare gli affreschi che, sebbene siano di mano italiana, decorano il cortile di Michelozzo a Palazzo Vecchio a Firenze con mappe a volo dangelo riproducenti le principali città del Regno dUngheria, su tutte Bratislava, con la denominazione antica Pozsony.

Nel 1565, in occasione delle nozze tra Francesco I de’ Medici, figlio di Cosimo I, e Giovanna d’Austria, sorella dell’imperatore Massimiliano II, il cortile venne decorato su progetto di Giorgio Vasari, e nelle lunette del porticato, vennero affrescate da Bastiano Lombardi, Cesare Baglioni e Turino Piemontese, in onore della regina Giovanna, le Vedute di città dell’Impero degli Asburgo: Praga, Passavia (Passago), Stein, Klosterneuburg, Graz.